Le Sezioni Unite hanno deciso: “quidquid inaedificatur [anche dal comproprietario del suolo] solo [comune] cedit”

Le Sezioni Unite hanno deciso: “quidquid inaedificatur [anche dal comproprietario del suolo] solo [comune] cedit”
28 Febbraio 2018: Le Sezioni Unite hanno deciso: “quidquid inaedificatur [anche dal comproprietario del suolo] solo [comune] cedit” 28 Febbraio 2018

IL CASO. Sono trascorsi dieci mesi da quando la Corte di Cassazione, preso atto che la questione dei modi attraverso i quali può riconoscersi in favore del comproprietario costruttore la proprietà esclusiva del manufatto edificato sul suolo comune “intercetta orientamenti giurisprudenziali non convergenti ed investe un tema di notevole impatto pratico anche sotto il profilo della circolazione della proprietà immobiliare”, aveva disposto, con l’ordinanza interlocutoria n. 9316/2017, la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite (http://www.studiomiotto.com/le-sezioni-unite-decideranno-chi-e-il-proprietario-della-costruzione-edificata-sul-suolo-comune/).   LA DECISIONE. Le Sezioni Unite civili, con la sentenza n. 3873/2018, hanno confermato come, in ordine alla questione “circa la possibilità che l'accessione operi quando la proprietà del suolo sia comune a più soggetti (c.d. comunione o comproprietà) ed uno solo (o alcuni soltanto) di essi abbia edificato sul suolo comune”, effettivamente sussistono “due opposti indirizzi giurisprudenziali”. Precisamente, “secondo un primo indirizzo, più risalente, il principio dell'accessione (art. 934 cod. civ.) opererebbe anche nel caso di comunione, per cui la costruzione su suolo comune, pur se eseguita da uno solo dei comunisti, diverrebbe anch'essa comune, mano a mano che viene edificata, salvo contrario accordo scritto. La nuova costruzione diverrebbe, ai sensi dell'art. 934 cod. civ., automaticamente di proprietà di tutti i contitolari del suolo comune, secondo le quote spettanti su detto suolo a ciascuno di essi, salvo il diritto del costruttore al rimborso pro quota delle spese sostenute (Cass., Sez. 2, 11/07/1978, n. 3479; Cass., Sez. 2, 11/11/1997, n. 11120; Cass., Sez. 1, 23/02/1999, n. 1543).Secondo l'opposto e più recente orientamento, oggi prevalente, la fattispecie dell'accessione di cui all'art. 934 cod. civ. si riferirebbe solo alle costruzioni od opere eseguite su terreno altrui, presupporrebbe cioè che il costruttore sia un "terzo" rispetto ai proprietari del suolo; e poiché il comproprietario costruttore non può essere considerato "terzo" rispetto agli altri comunisti, la fattispecie della costruzione eseguita da uno dei comproprietari su suolo comune non potrebbe essere regolata dall'art. 934 cod. civ., ma sarebbe invece regolata dalla disciplina in materia di comunione, che configurerebbe una deroga al principio dell'accessione. In particolare, secondo tale giurisprudenza, la nuova costruzione sarebbe di proprietà comune a tutti i comunisti se eseguita in conformità alle regole del condominio, cioè con il rispetto delle norme sui limiti del comproprietario all'uso delle cose comuni (art. 1102 cod. civ.); apparterrebbe, invece, solo al comproprietario costruttore se eseguita in violazione della disciplina condominiale (costruzione "illegittima") (Cass., Sez. 2, 27/03/2007, n. 7523; Cass., Sez. 2, 18/04/1996, n. 3675; Cass., Sez. 2, 22/03/2001, n. 4120; Cass., Sez. 2, 24/01/2011, n. 1556)”. Prima di risolvere il conflitto tra i due orientamenti, le Sezioni Unite hanno ritenuto di “doversi brevemente soffermare sui caratteri essenziali dell’istituto dell’accessione”. A tal proposito, hanno precisato che l’accessione è un “modo di acquisto della proprietà”, che rinviene la sua “regola generale” nell’art. 934 c.c., “trasposizione dell’antico principio romanistico ‘quidquid inaedificatur solo cedit”, in base al quale l’acquisto della proprietà si determina “per il solo fatto materiale ed obiettivo dell'incorporazione (c.d. "attrazione reale"), da intendersi come "unione stabile" di una cosa con un'altra, non rilevando se essa sia avvenuta per evento naturale o per opera dell'uomo. La proprietà si acquista ipso iure al momento dell'incorporazione”. Quanto alla ratio dell’istituto, le Sezioni Unite hanno precisato che “la regola dell'accessione, nella misura in cui consente la ricompattazione e la semplificazione delle situazioni di appartenenza punta a salvaguardare l'interesse generale al più razionale sfruttamento economico del suolo, ma costituisce soprattutto - anche grazie al sistema della pubblicità immobiliare - presidio della certezza dei rapporti giuridici e della sicurezza della circolazione della proprietà”. Ed è sulla base di tali premesse generali che la Corte a sezioni unite ha risolto la controversa “questione circa la possibilità che l'accessione operi quando la proprietà del suolo sia comune a più soggetti (c.d. comunione o comproprietà) ed uno solo (o alcuni soltanto) di essi abbia edificato sul suolo comune”, optando per la soluzione affermativa, proposta dal primo, più risalente indirizzo giurisprudenziale. Al contrario, ha sostenuto che “il più recente orientamento giurisprudenziale non [potesse] essere condiviso”, almeno per tre ragioni. Anzitutto, ne ha ritenuto infondato “l’assunto … secondo cui presupposto indefettibile dell'accessione sarebbe la qualità di "terzo" del costruttore rispetto al proprietario del suolo; dal che discenderebbe - secondo tale opinione - che, nel caso in cui il suolo appartenga in comunione a più soggetti, non potendo il comproprietario costruttore essere considerato "terzo" rispetto agli altri comunisti, l'accessione non potrebbe operare”. E ciò perché, invece, l’“interpretazione letterale della legge” e l’“interpretazione sistematica del complesso delle norme relative all’accessione” conducono a ritenere che “l'operare dell'istituto dell'accessione non è affatto precluso dalla circostanza che, in presenza di una comunione del suolo, la costruzione sia realizzata da uno (o da alcuni) soltanto dei comproprietari”. Inoltre, la Corte a sezioni unite ha affermato di “non condivide[re] neanche l’altro assunto … secondo cui, allorquando il suolo su cui sono eseguite le opere appartiene a più soggetti, l'art. 934 cod. civ. sarebbe derogato dalla disciplina della comunione”. E ciò perché “è vero che la regola generale dell'accessione posta dall'art. 934 cod. civ. vale - secondo quanto previsto dall'ultimo inciso della disposizione ("salvo che risulti diversamente (...) dalla legge") - a condizione che non sia derogata da una norma di legge a carattere speciale ("lex specialis derogat legi generali"). Non è vero, tuttavia, che la disciplina giuridica della comunione integri una deroga all'istituto dell'accessione”, non esistendo “tra accessione e comunione alcun rapporto tra genus ad speciem”. Le Sezioni Unite, infatti, osservano che “la disciplina giuridica della comunione (art. 1100 e segg. cod. civ.) punta a regolare i rapporti tra comproprietari nell'uso e nel godimento della cosa comune (art. 1102 cod. civ.), a fissare i limiti entro cui è consentito il compimento di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione del bene comune o sono permesse le innovazioni e la disposizione della cosa comune, con la garanzia delle ragioni delle minoranze (artt. 1108 e 1120 cod. civ.). Nessuna delle norme che regolano la comunione è, tuttavia, atta ad incidere sui modi di acquisto della proprietà o a mutare l'assetto della proprietà comune, sì da poter configurare una disciplina speciale, e quindi una deroga, rispetto al principio di accessione”. Né la Corte ha ritenuto di condividere “la conclusione secondo cui la costruzione edificata da uno solo dei comproprietari sul suolo comune diverrebbe di proprietà comune di tutti i comunisti solo se eseguita in conformità alle regole che disciplinano la comunione, cioè con il rispetto dei limiti posti al comproprietario nell'uso della cosa comune (art. 1102 cod. civ.), mentre apparterrebbe in proprietà esclusiva al solo comproprietario costruttore se eseguita in violazione della detta disciplina (costruzione "illegittima")”. E ciò perché, “nella sostanza, la giurisprudenza criticata, una volta esclusa l'applicabilità del principio di accessione in materia di comunione e ritenuta applicabile solo la disciplina di cui agli artt. 1100 e segg. cod. civ., è venuta a creare di fatto, per via pretoria, una nuova figura di "acquisto a titolo originario" della proprietà, che non ha base legale …E allora, ritenere, per via pretoria, che la violazione delle norme sulla comunione consenta al singolo comproprietario che costruisca sul suolo comune di acquistare la proprietà della costruzione e del suolo, in danno degli altri comunisti, costituirebbe una patente violazione della "riserva di legge" relativa ai modi di acquisto della proprietà … Perciò, ammettere che i comproprietari non costruttori possano perdere la proprietà della cosa comune per il semplice fatto della iniziativa di altro comproprietario, dando luogo ad una sorta di espropriazione della proprietà privata in assenza di un interesse generale e senza indennizzo, contrasta con i principi generali che reggono la materia e con la stessa Carta fondamentale (art. 42 Cost.).Si tratta, peraltro, di una soluzione contraria ad ogni logica e al comune senso di giustizia, perché finisce col premiare, piuttosto che sanzionare, il comproprietario che commette un abuso in danno degli altri comproprietari”. Chiarita la soluzione da prediligere, le Sezioni Unite della Cassazione si sono preoccupate di precisare “quale sia il "regime giuridico" che deve disciplinare i rapporti tra il comproprietario costruttore e gli altri comproprietari (divenuti ope legis comproprietari della costruzione)”. Poiché l’art. 934 c.c. nulla dispone al riguardo, hanno ritenuto che tale disciplina “vada ricavata dalle norme che regolano la comunione: innanzitutto, dalle norme che regolano l'uso della cosa comune e le innovazionila costruzione su suolo comune - in quanto innovazione deve essere deliberata secondo quanto previsto dall'art. 1108 cod. civ. (per la comunione ordinaria) e dagli artt. 1120 e 1121 cod. civ. (per il condominio degli edifici), sempre col limite di non pregiudicare il godimento della cosa comune da parte di alcuno dei partecipanti”. Pertanto, “è necessario, allora, tener distinti il caso in cui il comproprietario costruttore abbia agito contro l'esplicito divieto del comproprietario o all'insaputa di questi dal diverso caso in cui egli abbia agito, se non col consenso, quanto meno a scienza e senza opposizioni dell'altro comproprietario.Nel primo caso, ove vi sia stata violazione delle norme in tema di condominio, va riconosciuto lo ius tollendi al comproprietario non costruttore, il quale può senz'altro agire per ottenere il ripristino dello status quo ante.Nel secondo caso, invece, essendovi stato il consenso esplicito [manifestato da un comunista all’altro “con qualunque forma (anche verbalmente)” e “dimostrato con ogni mezzo di prova”] o anche meramente implicito” [ad esempio con la “mera tolleranza”] del comproprietario non costruttore, va escluso - a tutela della buona fede e dell'affidamento del costruttore - che il primo possa pretendere la demolizione dell'opera”. Le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, nel cassare la sentenza impugnata in relazione al secondo e al quarto motivo di ricorso, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia, hanno così individuato i principi di diritto ai quali quest’ultima (ed, evidentemente, non solo questa) dovrà uniformarsi: “La costruzione eseguita dal comproprietario sul suolo comune diviene per accessione, ai sensi dell'art. 934 cod. civ., di proprietà comune agli altri comproprietari del suolo, salvo contrario accordo, traslativo della proprietà del suolo o costitutivo di un diritto reale su di esso, che deve rivestire la forma scritta ad substantiam.Il consenso alla costruzione manifestato dal comproprietario non costruttore, pur non essendo idoneo a costituire un diritto di superficie o altro diritto reale, vale a precludergli l'esercizio dello ius tollendi.Ove lo ius tollendi non venga o non possa essere esercitato, i comproprietari del suolo sono tenuti a rimborsare al comproprietario costruttore, in proporzione alle rispettive quote di proprietà, le spese sopportate per l'edificazione dell'opera”.

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